Un racconto di Pasquale Campanelli
Doveva proprio essere un gran cane, Trilly, malgrado la piccola statura.
Accompagnava un distinto signore prossimo ai settanta, al quale dedicava ogni attenzione e questi non esitava ad esibirlo in pregevoli esercizi, purché vi fosse un po’ di pubblico. E subito tutti a dire: ”ma quanto è bravo….. di che razza è… quanti anni ha, è maschio, è femmina; e l’uomo a rispondere con cortesia.
Ma c’era una domanda che proprio non sopportava: ”come ha fatto ad ammaestrarlo.” Il Nostro, per non rispondere, faceva finta di non sentire. Riteneva offensivo il verbo “ammaestrare”, riferito al suo cane. Poi, dopo essersi fatto un po’ pregare, riprendeva l’esercizio, ma nessuno osava più chiedere alcunché. In realtà, a divertirsi di più, sembravano essere solo l’uomo ed il cane, perchè parlavano fra di loro un linguaggio sconosciuto e gli altri si limitavano ad assistere e meravigliarsi di quello che vedevano fare, mentre avrebbero voluto chiedere spiegazioni e forse dettagli,, senza avvertire che i due erano saldamente legati da un profondo rapporto di stima, dedizione ed affetto che nobilitava il loro vivere insieme e rendeva l’uomo un po’ cane ed il cane, un po’ uomo.
La gente assisteva stupita alle esibizioni, spesso parlottando tra di se, ma sempre con generosa elargizione di applausi: alla fine, qualcuno chiedeva sottovoce al vicino, se era il caso di offrire qualcosa e c’era subito chi faceva un rapido cenno negativo.
Si sapeva, infatti, che l’uomo era un professore e non avrebbe accettato. Almeno con tale titolo veniva avvicinato durante le riunioni. Qualcuno diceva che il professore fosse “ un ricco sfondato” ed allora ci si chiedeva perché mai si riducesse ad esibirsi insieme al cane. Presto le supposizioni cedevano il posto alla fantasia, in una girandola di informazioni gratuite: un nobiluomo con castello e villa al mare,rovinato dal gioco d’azzardo, oppure un professore in pensione,con una voglia inesauribile di insegnare, magari ai cani.
Un giorno, alla domanda ”ma come ha fatto ad istruire Trilly ?” presentata da una signora, con garbato interesse, l’uomo concesse attenzione, forse perché aveva intuito che non si trattava di semplice curiosità,o soltanto, perché la richiesta era stata presentata in termini adeguati.
“Insegnare vuol dire amare” esordì il professore con tono pacato, “ed amare un cane poi, significa offrirgli la tua più completa disponibilità, 24 ore su 24”, perché il cane ti dedica ogni sua attenzione e vuole starti sempre vicino, poco male se non è gradito in ufficio ed in qualsiasi ambiente di lavoro. ma tu non puoi lasciarlo da solo a casa, perchè si sentirebbe punito, né va bene a teatro, a cinema, alle riunioni con amici; ancora peggio a ristorante, all’albergo, al bar, in nave, in aereo. Inaccettabile poi, il ricorso a qualsiasi canile o pensione, sempre molto simili a vere prigioni.”
“Bene, se tu lo ami lealmente, ti piacerà tenerlo con te ed allora, sarai in perenne discussione con la famiglia, dovrai cercarti un lavoro indipendente, selezionare accuratamente amici compiacenti, ristoranti, bar ed alberghi tolleranti. Aggiungi la cura dovutagli, le passeggiate igieniche, le preoccupazioni per sue malattie e vaccinazioni da fare e rinnovare e, “ last, but not least” il problema di sapere a chi affidarlo, dovesse mai capitarti di non poter più badare a lui ed avrai realizzato un verosimile quadro degli impegni associati alla presenza di un cane presso di te. In sintesi, devi poter dividere con lui i tuoi spazi materiali ed affettivi, come faresti con un figlio, “speciale”, perché i suoi diritti nella società degli uomini sono solo funzione delle garanzie che tu dai per lui e comunque, nei limiti della corrente considerazione che essi hanno degli animali tutti, cane compreso ,equivalente ad “un epsilon piccolo a piacere”: quantità ben nota in matematica, che non è zero, ma se ne discosta sempre meno con il tempo.
Se hai accettato tutti, ma proprio tutti questi sacrifici, lo ami davvero ed anche lui ti amerà: farà sua la tua famiglia, i tuoi amici, i tuoi nemici, le tue proprietà, le tue conoscenze, le tue abitudini, comprenderà il tuo linguaggio, prenderà posto nella tua vita, perché ti considera il padre che non ha mai conosciuto, la madre che lo ha abbandonato e forse Dio.
E Trilly, che sin qui aveva seguito il discorso con attenzione, si collocò in braccio all’uomo, gli passò una zampetta intorno al collo ed accostò al suo viso con tenerezza il musetto. Ma guarda, “sembra proprio un bambino!” commentò la signora, “sembra che dica:…mamma, ti voglio bene!” “Non mi ero sbagliato” pensò il professore. Poi, la ringraziò …”per aver prestato la sua voce a Trilly , che ha detto proprio così”!
E la donna, per dimostrare a quest’uomo che non aveva sprecato il suo tempo con lei, dichiarò con serietà: ”E’ da quando se ne è andato mio marito che ci penso, oggi ho finalmente deciso di adottare un cane”. Inaspettato, seguì l’applauso dei presenti, molti dei quali andarono pure a congratularsi e bene augurare, come per associarsi a lei, loro che questo coraggio non avevano trovato.
“Il suo amico sarà un cane felice.” Concluse soddisfatto Patrick P. Nelly, Professore, per unanime riconoscimento dei suoi interlocutori.
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Sono Amelia Casarin, da Padova e sono quella Signora che aveva promesso al Professore di adottare un cane. Sono io ad aver raccolto questi appunti, perché non andassero perduti i suoi preziosi insegnamenti.
Mi avvicinai a lui, perché ero innamorata di Trilly e volevo acquistare un cane di eguale prestigio ed il Professore mi aveva promesso di occuparsene. Da allora cominciai a frequentarlo, accompagnandolo nelle passeggiate e così ebbi modo di parlare con lui di cani ed anche della sua privacy. Era uno antropologo ed aveva studiato ed insegnato a lungo all’Università di Cambridge. Il titolo conferito ad honorem dalla folla, in realtà era stato onestamente sudato! Aveva avuto, fino a qualche anno prima, una moglie molto bella e da lei, due figli. Ma di questo non amava parlare. Una volta, così per inciso, disse che ”il matrimonio è la più grande trappola della natura, per assicurare la sopravvivenza della specie, dopo di che, ti accorgi che non esiste altro, lo stesso partner si sente ingannato e ritiene colpevole te, non importa di cosa. Di qui, in catena consequenziale, distrazioni, tradimenti, abbandono, perdita di dignità e di razionalità.”
Un giorno fu lui a chiedere del mio matrimonio ed io gli dissi semplicemente che era finito e non avendo figli, era anche assurdo, continuare a vivere insieme. Pat non chiese altro, ma capì che sarei stata molto felice di fargli compagnia.
Trilly si abituò presto alla mia presenza, dimostrandomi sempre maggior affetto, mai paragonabile a quello che riservava a lui. Si capivano alla perfezione: lo guardava fisso negli occhi, trasmettendogli il pensiero. Il Professore gli rispondeva in un italiano alleggerito: non coniugava verbi, risparmiava articoli, abbreviava parole troppo lunghe, raramente usava pronomi ed avverbi e quant’altro non essenziale. Ad esempio, il no era una preposizione negativa che, detta in modo secco, bloccava ogni azione in atto, come no corre, no piange ,no baia, no morde,oppure, correggendone l’asprezza, esprimeva disapprovazione semplice.
Ed esistevano per Trilly, punizioni e minacce, la più grave di queste era:”Io piange”, che rendeva necessario non solo abbandonare l’atteggiamento proibito, ma aggiungere una immediata dimostrazione di disponibilità ed affetto. Una cosa seria insomma, che invocava la lealtà del rapporto. In Trilly, l’affetto, l’intelligenza ed il carattere,così emergenti, ti sorprendevano sin dal primo impatto, tanto da domandarti cosa mai le mancasse, per non venire considerata quanto un essere umano.
Eravamo in gita a Pisa, Pat ed io, per visitare la Torre pendente, finalmente restaurata e riaperta. Avevamo lasciato la macchina fuori dal centro, nel primo parcheggio libero, ed a piedi camminando lentamente, per ammirare quello che a caso ci capitava davanti, eravamo arrivati alla Torre, sulla quale salimmo, temo come due sposini a caccia di emozioni, dopo di che visitammo il Duomo, con aria più consona al luogo, ma non insieme, dovendosi a turno rimanere con Trilly fuori sul sagrato.Poi ci avventurammo verso il centro, per viuzze e stradine, che ti sentivi in obbligo di calcare con piede attento e leggero,tanto erano cariche d’anni. Cercammo un ristorante che accettasse anche il cane e ci abbandonammo ad un lauto pranzo.
Pienamente soddisfatti della giornata, ad una certa ora, francamente tardi, decidemmo di riprendere la macchina per il viaggio di ritorno.”Il Nord è da questa parte, disse Pat,venivamo da Firenze, quindi ci dirigiamo ad Est. Allora via al parcheggio con passo deciso senza perdere tempo, rinunciando persino al caffè. Ma dopo tre inutili tentativi di individuarlo e speranza delusa per tre volte, decidemmo di sederci per prendere quel caffè rinunciato troppo in fretta, ma che a ben pensarci, era proprio la causa della nostra insufficienza mnemonica! Dopo una breve disamina sul dove e come ci eravamo spostati, senza che il caffè avesse dato alcuno degli effetti auspicati, Pat,che già mi appariva un po’ sgomento, improvvisamente si illuminò,“Trilly non ha bisogno di caffè”disse e la chiamò,spiegandole che bisognava ritrovare la macchina, per tornare a casa,”Trilly porta io a macchina ?” e lei prontamente disse di si, agitando il codino come un tergicristalli in posizione veloce! E subito si impegnò nella ricerca delle tracce. Annusando il terreno, ritrovava i nostri passi, uno dopo l’altro, così vedemmo ricomparire il ristorante, poi la torre e quindi il Duomo. Passandovi davanti Pat esclamò “Dio ti ringrazio”, perché Trilly ormai procedeva veloce e noi, ansiosi ad arrancare dietro. Finalmente, dopo una buona mezza ora, ci mostrò la porta della vettura, esibendosi in gioiosi salti cui fecero seguito i nostri più sperticati ma sentiti elogi e carezze. A questo punto, o credi veramente al miracolo, frettolosamente invocato superando il Duomo, o credi alle favole, dissi, ma Pat concluse:”Se avessi ogni volta annotato i miracoli fatti da Trilly, oggi avrei un libro di favole da far impallidire il buon Lorenzini!”
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Patrick scherzava spesso con lei (si,Trilly era una femmina) facendola ingelosire: un giorno le raccontò di conoscere un barboncino bianco più bello di lei,.. “piccola e nera”!… Ma poiché faceva finta di niente, aggiunse “gli posso anche telefonare” e prese la cornetta per parlare. Trilly lo guardò a lungo negli occhi, piegando leggermente il capo un pò a destra, un po’ a sinistra, con un faccino così avvilito, che Patrick richiuse immediatamente il telefono e la prese in braccio, per sussurrarle all’orecchio parole certamente rassicuranti, perché, il cane, si accoccolò compiaciuto sulle sue ginocchia. In seguito, ogni volta che Patrick parlava a telefono, Trilly bussava con la zampetta al suo braccio, pretendendo, ”ad abbundantiam” di ascoltare, per assicurarsi che dall’atro capo, non vi fosse cane! In breve tempo fu in grado di riconoscere, a telefono, la voce di tutte le persone a lei note. Ma solo con Patrick, faceva vere conversazioni e me ne resi conto una volta che avendo lui chiamato, Trilly bussò al mio braccio, perché le accostassi la cornetta, onde inviargli crittofoniche lamentele! Quindi si allontanò e si collocò vicino alla porta, visibilmente ansiosa. E lì stette finchè Patrick non infilò la chiave nella serratura, e fece gran festa per il suo ritorno. Mi venne spontaneo chiedergli come mai fosse tornato così presto, ma rimasi sorpresa quando lui mi rispose: “infatti, non ho concluso nulla, perchè lei mi ha intercettato e pregato di tornare subito a casa.” Rilanciai allora, con interesse : devo intendere quindi, che Trilly sa anche parlare? Il cane è un mammifero,come l’uomo,disse Pat: in linea del tutto teorica, quindi, se non è sordo, potrebbe farlo, ove addestrato ad una comprensibile pronuncia. “Ibis et redibis non morieris in bello » declamai, ma lui aggiunse solo un sorriso. Poi, senza che io tornassi sull’argomento, riprese il discorso: andavo pensando a quali guai saremmo andati incontro se mai Trilly avesse veramente parlato! “Sarebbe stato un primato nella ricerca scientifica” risposi. No, ce l’avrebbero presa e l’avrebbero torturata con continue sperimentazioni di laboratorio, per il resto dei suoi giorni. “ Ma sarebbe stato assurdo, risposi indignata.” “ L’ assurdo, se politicamente motivato,batte il razionale”, disse irritato e passò ad altro.
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Ho già detto sopra che Trilly è una femmina, ma il professore non amava aprire il discorso su questo tema, e rifiutava tutte le richieste fatte da tanta gente. Meravigliandomene io, con lui ,volle espormi le sue ragioni: Non parlo del sesso dei cani e tantomeno del loro comportamento, perché gli uomini non ne sono degni. Essi, così pervasi dalla sessualità e così condizionati nei comportamenti, molto spesso definiscono la perversione umana “comportamento da cani”, danno della “cagna” a qualsiasi donna in cerca di disdicevoli accoppiamenti. Ma, perdio, questo significa oltraggiare il migliore amico che hanno! Quando Trilly va in estro ed accetterebbe volentieri la corte dei maschi, io la invito solo a comportarsi con dignità e lei li respinge. E, quando dico corte, parlo di affetto, carezze, disponibilità, attenzioni, sicuramente più tenere e sincere di quelle umane.
Passarono circa cinque mesi e Trilly che aveva ceduto alle profferte di un barboncino bianco, non senza la mediazione ed il consenso del suo Pigmalione, aspettava i suoi cuccioli. Pat me ne aveva promesso uno o anche due, se io glie ne avessi fatta “richiesta di adozione”! Si trattava ben dei figli di Trilly !Non stavo nei panni dalla gioia! Feci subito la mia richiesta per tutti i cuccioli che lui avesse voluto darmi. Pat mi propose di avviare rapidamente e solo per me un corso accelerato di metodologia di avvicinamento al cane ed interpretazione dei suoi comportamenti. E’ il caso poi, che tu impari ad intenderti con la madre: sarà lei ad introdurti presso i figli ed allora sarà tutto più facile. In effetti, egli mi insegnò il metodo ed io mi applicai alle esercitazioni, riuscendo a fare progressi sempre maggiori, finché un giorno mi disse che sapevo abbastanza per andare avanti da sola , quando i cuccioli fossero nati.
Questo discorso mi apparve di per se strano, come quello di chi si prepara ad una prossima separazione e fra di me, pensai pure che fosse giusto: cosa avevo fatto per lui, io? Gli avevo chiesto un cucciolo!
Mi feci coraggio, abbozzai un sorriso e stavo per rispondergli di aver capito ,quando lui, cambiando tono alla voce,mi disse: non riuscirò a vivere più di tre mesi, sono arrivato. Affido alle tue cure questa mia…figlia..ed i suoi figli, che spero tanto di avere il tempo di conoscere.Ero già senza parole, ma, adesso non avevo il coraggio di parlare, chiedere spiegazioni, e lui lo fece per me: Trilly sarà di consolazione per entrambi, e continueremo a costruire,insieme,per quel tanto che ci rimane. E fino ad allora, non parliamone più, per favore. Prometto, risposi, ingoiando le lacrime e, sulle labbra, il più falso dei sorrisi. Da quel giorno, mi occupavo sempre più di Trilly; ero io a darle da mangiare,ero io a portarla a passeggio. A lei non piaceva lasciare Pat da solo e si attardava ad uscire, finchè non fosse lui a chiederglielo, motivando la richiesta: “ devo fare questo e quest’altro”,ma aggiungeva sempre…”farò io la guardia alla casa.” E ,forse proprio questa assicurazione le era necessaria, perché si rendesse subito disponibile.
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Pat l’aveva detto: “quando sarà il momento giusto” e la scadenza era ormai arrivata: in preda ad un acuto dolore al torace, si sedette sulla poltrona, aggrappandosi alla spalliera per non cadere; avevo cercato di sostenerlo, ma, tremavo e non riuscivo a dire una sola parola. L’accidente fu intenso, però scomparve rapidamente come era venuto e Pat si riprese come nulla fosse accaduto, ma ammise: non posso più uscire con Trilly, non sono più affidabile, dovrò passare la giornata tra la poltrona ed il letto; il medico verrà, di sera, per la terapia antidolore, l’unica che mi rimane, nei pochi mesi a venire. Tu che mi stai vicina, dovrai essere forte anche per me. E mai perdere l’interesse alla vita, quella che sia.…: lancerò una scala su in alto, sempre più sospesa nell’azzurro del cielo, fino al Padre per conoscerlo e scrutare nell’eternità. Ruberò alle nuvole ogni loro energia , colpirò con il fulmine i nemici della vita, dell’amore,della giustizia. Capii che vaneggiava….o forse sognava : era caduto in un assolo di megalomania, ma riuscii a riportarlo alla realtà concreta , alla minacciosa malattia. “Perché la chiami minacciosa, mi disse,….forse è dolorosa, severa, ma è maestosa, è la Morte,sorella di frate Francesco, mia sorella”.
Incredibilmente, fu lui a dar sollievo a me, aprendo su argomentazioni di grande profilo poetico e fascino religioso, che mi illuminarono nell’affrontare quest’ultima fase del nostro vivere insieme. Cercai quindi di spostare la sua attenzione su quanto si dovesse ancora fare . “Trilly ed i suoi cuccioli, dissi, ….e lui: avranno bisogno di tanto affetto ,rispose ed io so che tu sarai capace di occuparti di loro con tenerezza, più di quanto io avrei potuto fare.” I tuoi figli in Inghilterra,devono essere avvisati,chiesi, tua moglie….pure.. “ Lascia stare, sono tutti in giro per il mondo; ho gia cercato di prendere contatto e non li ho trovati. Nella mia cartella vi sono gli indirizzi , ma l’aprirai, per favore,dopo la fine. E non parliamone più, cerchiamo solo di vivere serenamente il tempo che rimane. Ancora una cosa è necessario che tu sappia: questa casa e tutto quello che c’è dentro è tuo: ti convocherà il notaio quando aprirà il testamento. “.Ma i tuoi figli?…non credo di poter accettare!”… “ Se tu rifiutassi, andrebbe tutto allo Stato, quale destinatario alternativo da me designato.
…… Quanto poi ai miei figli, essi hanno già preteso in anticipo la loro eredità, in occasione del divorzio e sono quindi più che ricchi. Questa casa,l’unica proprietà che riservai a me stesso, quella che mi è più cara, servirà per accogliere chi mi ha voluto bene con fedeltà e generosità, ”nella buona e nella cattiva sorte, finchè morte non ci separi”. Allora accettai, con un semplice grazie ed un tenero abbraccio, essendo palese che tanto, avesse valenza di matrimonio “in articulo mortis” e lui, commosso quanto me aggiunse: ”a noi non servono testimoni”,né candelabri d’argento.
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Tuttavia presto rivedemmo giorni sereni. Fu quando Trilly mostrava chiari indizi di dover partorire: raccolse tutto quanto le fu possibile,scarpe pantofole e strofinacci di casa e li portò sotto il letto di Pat,sistemandosi in questa improvvisata cuccia. “ Se avesse avuto bisogno di una cuccia,avrebbe usata la sua, spiegò Pat; l’istinto le ha imposto di creare uno spazio sicuro per i suoi figli : Trilly ha costruito una tana! ”Poverina, ma non sotto il letto, adesso la tiro fuori io”dissi con tenerezza, quando fui sopraffatta dalla voce di Pat:”Ferma, non intrometterti, ti morderebbe senza esitare!”Come per incanto,vidi rinascere in lui la vita: si tirò fuori dal letto,calzò le pantofole, cercò gli occhiali e si abbassò ad ispezionare la costruzione di Trilly, “Brava,brava , il cane mio aspetta i suoi figlioletti ed ha preparato una bella casetta,per loro, tutta per loro, solo per loro, brava !Adesso non vieni a stare un po’ con me ?” E Trilly uscì dalla tana e tornò sul letto. Brava, disse Pat e poi, “io fa tana sicura per Trilly e Trilly aiuta Pat ; si alzò e si avviò verso il ripostiglio, seguito dal cane. E si accingeva a prelevare di là un grosso baule. Mi precipitai ad aiutarlo ed insieme lo trascinammo vicino al letto. “Questo adesso,….deve diventare una tana,
più sicura della sua.”Andò a prendere una cassetta di attrezzi, con sega , martello,tenaglie e chiodi, poi,cavò fuori dal letto gemello affiancato al suo, un tavolone di legno che stava sotto il materasso. ” E’ semplice, vedi; si apre il baule e si blocca il coperchio in posizione verticale, quindi, sul bordo alto,si inchioda il tetto della tana, segandolo dal tavolone ; vado a prendere il metro nella cassetta,segno le misure e monto.”Con un po’ di tattica e di capacità negoziale, riuscii ad ottenere il rimando dei lavori al pomeriggio, ma non a frenare il suo entusiasmo nel preparare questa tana,tanta era l’energia che aveva recuperata e non so proprio dove.
Vedere quello che fa quest’uomo, in fin di vita, per il suo cane, ha del miracoloso ed un santo,generoso amico degli animali e degli uomini amanti degli animali, dovrebbe accorgersene……andavo fantasticando, ed affinavo meglio e sempre di più la mia sensibilità ad individuare quel progresso sperato dall’intervento celeste. Pat,aveva detto un giorno dell’ottimismo, essere un furto nel regno del futuro ed io che ladra ero diventata : camminavo nel buio, rischiarato da una candela spenta. Nel pomeriggio, con il mio sostegno morale, per così dire, nel giro di un paio d’ore di lavoro, fu realizzata la tana di Trilly: era proprio un forte, impenetrabile all’attacco di qualsiasi predatore e, da ottimo mercante, Pat illustrava alla futura madre, i vantaggi del manufatto e lei mostrava di apprezzare, tanto che, con un salto all’interno, ne prese possesso. Io fui subito diffidata dal toccare, sia pure con un dito, la costruzione, perché era sempre una tana e Trilly aveva il dovere di allontanare gli alieni, senza eccezioni. Pat aveva assunto il ruolo di direttore delle operazioni: era ridiventato l’uomo di sempre,occupato del suo cane in attesa di parto.
E, per dare il mio contributo, preparai due cuscini morbidi per il fondo, giusti a misura, mentre Pat, alla scrivania, stava disegnando un cane ringhioso, con molti ritocchi ed altrettanta fretta, da collocare all’ingresso della nuova tana:”capirà di essere lei chiesi”. Ma senza alcun dubbio”, mi rispose ed andò a sistemarlo in loco, con poca fortuna,direi perchè Trilly guardava diffidente. D’un tratto, lui si alzò,riprese il disegno e lo portò al tavolo, mentre io mi fingevo distratta. Dopo un po’, tornò a ricollocarlo e chiamò Trilly,che divenne allegra e saltellante, col codino azionato dall’emozione! Che è successo, chiesi incuriosita. Riguardando il disegno, notai che il cane ringhioso era diventato anche nero! ”Unicuique suum !” esclamai e Pat, cominciò a ridere ed a parlare al cane ed infine spiegò: la mia cocca latino non ne sa, avrà pur diritto ad una traduzione, ti pare? Di qui, ebbe origine un tira e molla scherzoso, su questa specie di “forte Apache”in miniatura : “adesso, stabilì Pat, Trilly zompa dentro casa, si affaccia,baia,ringhia e mozzica e poi baia ancora,così tutti scappa e poi Trilly dorme e aspetta tre “cicci” ma, prima va giardino, per bisogni,e torna,..no gatti, subito. Trilly disse si con qualche colpo di coda e si allontanò,tornando poco dopo. Il tempo che mi servì per scodellarle una porzione di carne cruda,come prescritto del veterinario.Compiuto che fu il fiero pasto,Trilly mise in prova le istruzioni date da Pat, cioè: Trilly zompa dentro, Trilly s’affaccia,baia,ringhia…..e abbaia ancora,così tutti scappa. Intanto,era venuto il portiere a chiedere cosa mai capitava e non l’avesse mai fatto, perchè Trilly si sentì in diritto di saltar fuori dalla tana ed applicare tutta la serie di istruzioni “ad hoc”prima ricevute : in effetti,era pur sempre un “ alieno pericoloso”! Ma il portiere riuscì come un fulmine a guadagnare la porta, e come un tuono a chiuderla, brontolando di santa ragione. Ormai anche la prova generale aveva avuto gran successo, e tutti e tre potevamo essere più che soddisfatti. Perciò, subito a nanna: Pat ed io nelle rispettive stanze e Trilly a Fort Apache.
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Pat è un uomo preciso,ma alle nove,come solito fare,non era in soggiorno per la prima colazione: nel breve tratto di dieci passi da percorrere, per raggiungere la sua stanza, riuscii ad immaginare tutte le peggiori, cento possibili disgrazie, senza la capacità di scartarne una . ” Bussai alla porta e l’aprii, rimanendo incantata a guardare la scena. Non ti ho chiamata, per non disturbarti, disse Pat felice ,…..ma di che, risposi,non siamo forse tutti felici di essere in cinque ? Ed era vero: sul letto,che non sembrava più tale, non solo lui, ma Trilly ed uno,due, tre magnifici cuccioli! E,subito arrivò la cronaca da Pat: erano le sette, quando Trilly mi ha chiamato, l’ho sollevata con delicatezza sul secondo letto ed in meno di un’ora,sono nati tutti e tre. Lei li ha accuratamente leccati e ad uno ad uno, me li ha messi vicino, perché li guardassi: belli,bellissimi,…e poi, serio, …il miracolo della vita che si rinnova…e quindi, silenzio. Mi posso avvicinare, o c’è rischio di essere trattata come un aggressore, chiesi a bassa voce, tanto che Pat non se ne accorse,… allora feci un
timido passo in avanti e lui,…”scusami, ero distratto…si, puoi venire liberamente, non è nella tana. Guarda questo maschiaccio..lo chiamerei “Lord, Pelorosso d’Irlanda, …e suona anche bene, vista la sua arroganza!” Un po’ di nobiltà, non guasta,risposi, però… limitiamola al primo nome! E tu guarda questa femminuccia bianca continuai,alzandola in alto,la chiamerei Gioia, in linea al suo carattere allegro, che ne dici? “Aggiudicato”, rispose sicuro. Per quest’altra, aggiunsi,l’unica ”piccola e nera”, vorrei un nome che fosse vicino a quello della madre: mi guardò negli occhi e poi ….”tu stai pensando a Lilli….perfetto!” Non ebbi il coraggio di parlare: tutta la mia vita insignificante e amorfa, alla mercè di un marito meschino….. e poi la seconda occasione, a fianco di un uomo meraviglioso, sensibile e geniale, affidata solo alla capacità di rubare la felicità al futuro….” Avevo proprio pensato Lilli”,confermai, ma piangevo e facevo finta di soffiarmi il naso, perché avrei detto così, pure se Pat non avesse indovinato.
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Ormai i nomi imposti funzionavano da oltre un mese ed in nostri tre briganti ne combinavano di tutti i colori: Trilly era felice dei suoi cuccioli, felice di fare la madre ed era una madre severa , che esigeva ubbidienza e disciplina. Pat poi, mai si intrometteva nei rapporti tra lei ed i cuccioli ed io rispettavo il suo ruolo di maestro,del quale non potevo che,apprezzare la classe. La sua salute, peraltro, aveva riguadagnato numerosi punti in questi ultimi tempi, tanto che il medico si mostrava fiducioso ed aveva ridotto anche le cure, ma il mio groppo era sempre con me, perché non avevo mai amato tanto una persona e non mi rassegnavo perderla.
Per farmi coraggio,spesso ripetevo le sue massime ottimiste,pur essendo consapevole di quello che pensava don Abbondio, quando gli dicevano” fatti coraggio”.
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Ancora stavo a letto,quella mattina,quando Trilly entrò spalancando la porta, mi bussò con la zampetta e si diresse nella stanza di Pat: ero così frastornata che ritenevo mi avesse detto qualcosa, ma avevo capito egualmente ciò che voleva e la seguii per vedere che era successo. Pat respirava poco ed alle mie domande rispondeva in modo incomprensibile; Trilly intuendo, si recò a smuovere il telefono che era sul tavolo, ….capii che bisognava chiamare il medico e lo feci subito, poi la vidi correre a prendere i cuccioli e portarli sul letto e lei stessa rimanervi distesa lungo il corpo di lui quasi lo volesse riscaldare : ogni tanto emetteva un guaito e lui riapriva gli occhi , …allora potevo approfittane per chiamarlo, chiedere come si sentisse, rassicurarlo, chè il medico stava arrivando. Infatti, dopo qualche minuto che mi era sembrato qualche anno, arrivò. Entrò nella stanza,lo visitò,gli praticò una iniezione per tirarlo su, ma durò poco, perché in mezz’ora stava di nuovo male. Chiesi allora se era possibile ripeterla, ma rispose che non l’avrebbe retta, chiesi allora cosa si potesse ancora fare per lui: io,nulla, disse secco, poi mi battè la mano sulla spalla, mormorando “coraggio, signora” e lentamente si avviò fuori, ma lo raggiunsi per sapere qualcosa di più, qualcosa di meno definitivo,forse. “Non soffre e nemmeno riesce a capire quello che gli succede, …piuttosto è lei che ha bisogno di aiuto, ..le do una compressa di Tavor, …è un’ antiansia e la metterà tranquilla. Non prenda null’altro tanto meno alcolici . Mi chiami se ha bisogno, io comunque passerò stasera.” Lo salutai e tornai in camera, la situazione era immutata. Mi sembrava impossibile ,crudele , assistere senza poter far nulla, all’agonia di quest’uomo che amavo e volevo vivesse : allora telefonai ad un altro medico di mia conoscenza, che arrivò subito, ma dopo averlo visitato pervenne alle stesse conclusioni del primo. Ogni tanto Trilly emetteva strani lamenti ed anche i suoi cuccioli facevano altrettanto: quella iniezione, mi aveva fatto venir sonno, e malgrado ciò stavo sveglia, ma forse non ero in grado di intendere distintamente e questo alleggeriva il mio senso di colpa dovuto alla incapacità di fermare gli eventi. Una gabbia dalla quale non mi era possibile uscire: mi sembrò persino di sentir Trilly dire “ io piange, io piange, Pat no parla Trilly.”
Bussarono alla porta: era tornato il suo medico ed appena si avvicinò,cominciò a tentennare con il capo, poi si tolse il fonendoscopio e disse piano: è morto… mi onoro di essere stato suo amico. Condoglianze,signora,… chiami il parroco, perché, Patrick,.. a modo suo, era profondamente religioso. Trilly era disperata e non sapeva più come rianimarlo: gli leccava le mani, gli sussurrava qualche nuovo lamento,cercava di svegliarlo, bussando con la zampetta al suo braccio: tutto inutile, allora avvilita, si rintanò con i cuccioli ed insieme cominciarono a piangere.
Le veglie funebri sono una cerimonia lugubre per loro natura, ma questa era addirittura straziante: la doglianza di questi piccoli amici,si esprimeva in lamenti disperati della madre,cui si aggiungeva un coretto di voci bianche di cuccioli , per non parlare del dolore in cui io stessa annaspavo,ma che affrontavo con il coraggio che lui mi aveva dato. Chiamai il Veterinario per alleviare le pene dei quattro nostri figli di elezione,come li avevamo definiti e fu stupito di tanta agitazione, ma non vide l’opportunità di dare farmaci, poi aggiunse: è pur sempre una madre con tre cuccioli da allevare, l’istinto prevarrà. Anche il Parroco durante la benedizione della salma, non avanzò eccezioni sulla presenza dei cani e ne tollerò i lamenti, anzi, li citò nell’elogio “come gli amici più sinceri” e passò a benedire anche loro.
Al funerale ebbi la sorpresa più grande: tutti là a portare l’ultimo saluto, dai colleghi agli ex allievi ed estimatori e tanta, proprio tanta gente,di quella incontrata per strada. Trilly aveva preteso di stare dentro il carro, anche in rappresentanza dei tre cuccioli lasciati nella tana, ma ringhiava ed abbaiava a chi si avvicinava al feretro. Finalmente ci muovemmo,con i tempi ed il percorso previsti dal cerimoniale. Giunti al cimitero,trovammo il Sindaco,per il saluto Ufficiale della città,ma a parte ciò, le altre operazioni risultarono più semplici, perchè si trattò solo di collocare il feretro nella tomba di famiglia, la tumulazione si sarebbe fatta il giorno dopo; tuttavia , la mia capacità di convincere Trilly a tornare a casa fu messa a dura prova, perchè aveva proprio deciso di restare lì a far la guardia. Ma capii in tempo la sua preoccupazione: voleva assicurarsi che tutti questi intrusi, andassero via. Così,aspettammo e fummo gli ultimi ad uscire ,mestamente, tutte e due nel comune dolore. Quando fummo finalmente a casa, Trilly entrò nella sua stanza, annusò il letto di Pat ,cercando lui sotto le coperte, ma avvilita e con un fil di voce, chiamò i cuccioli e si dispose ad allattarli, senza leccarli, come al solito e appena finito il latte, li mandò a giocare fuori. Ma che giocare: il loro coretto ci perveniva lo stesso e la madre vi aggiungeva la voce solista. Caddi di nuovo in depressione ed ancora mi parve di sentire: Io piange, Trilly vuole Pat, io piange ,io fa la guardia, … Pat torna casa,…Io aspetta..Io ama Pat.! Io piange! Povera Trilly: invocare la lealtà del rapporto, non aveva più senso, ormai. Quelle parole io le avevo nel cuore e le sentivo uscire dalla sua bocca.