Eraldo Giovannini
Magg. Gen. Eraldo Giovannini

di Paolo Giovannini

L'avventura dell'Allie vo Ufficiale Eraldo Giovannini inizia il giorno 8 novembre 1950 a Modena, nell'Accademia Militare dell'Esercito, come frequentatore del 7° Corso regolare.

Una lunga carriera gli ha fatto attraversare al­meno quattro diverse esperienze professionali: dapprima quale Ufficiale del Corpo Automobi­listico, successivamente transita nel Servizio Tecnico della Motorizzazione, quindi, dopo l'istituzione del Corpo Tecnico, presta servizio presso il neocostituito Comando del Corpo, e...da ultimo trascorre alcuni anni presso la sa­la operativa della Protezione Civile.

Ternano, ma nato ad Ancona nel 1929 (dove il padre ferroviere prestava servizio), affermava di far parte a pieno titolo dell'Esercito Papali­no, poiché, nel corso dei 39 anni di servizio successivi all'Accademia, solo in due occasioni si era allontanato da Roma sua città di ado­zione: per un anno a Torino, frequentatore del corso di Specializzazione nella motorizzazione, la seconda volta per un periodo di due anni e mezzo a Nola in qualità di Vice Direttore dello Stabilimento ORMeC.

Ma andiamo con ordine.

Dopo l'Accademia quale Ufficiale del Corpo Automobilistico presta servizio presso diversi Enti, dall'Autogruppo MDE, all'11° Autogrup­po, poi alla 8" ORA (dove assolve tutti gli in­carichi tecnici e di comando propri di un Uffi­ciale del Corpo) e quindi al Comando della Scuola di Applicazione, dove inquadra e ad­destra numerosi Ufficiali-Allievi dei corsi re­golari, oltre agli AUC. Come risulta da un fa­scicolo di fine corso "il Ten. Giovannini ed il Ten. Prat risultavano ricavati per fusione sul sedile di sinistra dello SPA 38" con il compito di insegnare i rudimenti della guida del bizzoso autoveicolo, nonché di "impedire agli allie­vi di schiantarsi contro i platani" disposti in gran numero lungo le vie Laurentina e Ardea­tina. In quel Periodo nasce la inossidabile ami­cizia con l'allora Ten. De Leonardis. Le crona­che del tempo li dicono sfrecciare a cavallo di una rombante Matchless 350 diretti a Roma per serate brillanti. E in una di queste occasio­ni (ad un ballo all'hotel Mediterraneo) il Ten. Giovannini conosce Gina che diventerà la compagna della sua vita.

La seconda fase professionale è quella che lo vede Ufficiale del Servizio Tecnico della Moto­rizzazione, a cui accede nel 1965 dopo aver su­perato l'apposito corso presso il Politecnico di Torino, concluso con un risultato eguagliato negli anni successivi solo da un altro collega. Con il passaggio al Servizio Tecnico viene l'as­segnazione al Centro Tecnico della Motorizza­zione (allora nella sede storica di viale Pintu­ricchio) dove è stato responsabile dei laborato­ri tecnologici e per lungo tempo Capo Sezione Esperienze, incarico nel quale ha seguito lo sviluppo e le prove di moltissimi mezzi, poi entrati a far parte della Forza armata, tra i qua­li mi piace ricordare il trattore di artiglieria TM69. E nel frattempo continuava ad insegna­re ai corsi per Ufficiali Tecnici dell'ALE, al cor­so Superiore Tecnico della Motorizzazione e ai Corsi AUC la materia "Tecnica e Pratica Auto­ telai" con cui pazientemente spiegava agli al­lievi ufficiali di complemento come erano fatti gli automezzi, aiutandosi spesso con modelli funzionali fatti con il mio Meccano dal quale prendeva in prestito i pezzi. Memorabile il modello di autocarro con rimorchio dotato di sistema di sterzatura che penso abbia a tutti chiarito la problematica dell'iscrizione in cur­va di una motrice con rimorchio .

Il "Periodo Romano" venne improvvisamente interrotto dal periodo di comando. Era previ­sto che, come tutti i tenenti colonnelli, anche il mio papà dovesse andare a espletare l'incarico di vice direttore, ma le cose non andarono co­me pianificato. Invece di essere inviato a lu­glio a Bologna, una sera di Marzo ricevette una telefonata che lo catapultava dal 1° aprile 1974 all'ORMeC di Nola dove il Vice Direttore in carica si era rotto un braccio giocando a palIone: la sostituzione fu immediata e da quel momento iniziarono 32 mesi di una esperien­za che lo ha coinvolto in un ambiente, anche allora affascinante e difficile, ma che era in piena attività produttiva per l'esecuzione delle numerose revisioni di M47 ed M113. Furono due anni di viaggi tra Roma e Nola, in un pe­riodo in cui i treni venivano bloccati frequen­temente da allarmi bomba, fortunatamente sempre infondati. Tra gli eventi per me memo­rabili di quel periodo, oltre all'annuale festa dei gigli a cui ho assistito dalla tribuna privile­giata del terrazzo del Municipio, anche una tromba d'aria che scoperchiò mezzo stabili­mento.

Al rientro a Roma nel 1976 inizia il servizio presso l'Ufficio del Capo S.Te.M. (Servizio Tecnico della Motorizzazione) cui segue la Co­stituzione del Corpo Tecnico nel 1981 ed il Col.tec.(arm.) (come allora ci denominavamo) Giovannini si trova ad operare per numerosi anni allo sviluppo di uno dei mezzi a cui rima­se più legato: quello che allora si chiamava VCC 80 (l'attuale Dardo) e che ha visto, in par­te, quale protagonista anche chi scrive. Infatti le misure interne del vano di combattimento furono adattate basandosi sulle mie misure personali, mentre stavo seduto su uno sgabel­lo del soggiorno di casa!

Giunto all'apice di una carriera piena di soddi­sfazioni, che oggettivamente non presentava ulteriori prospettive di progressione, al Col. Giovannini venne offerta una opportunità di­versa: prestare servizio presso la sala operati­va della Protezione Civile in via Ulpiano a Ro­ma, dove trascorse gli ultimi anni in servizio a partire dal 1988. Qui si trovò impegnato tra le invasioni delle cavallette, giunte dalla Libia al­la spiaggia di Anzio, l'arrivo della nave alba­nese VIore a Brindisi (con il suo carico di 12.000 disperati) e un paio di terremoti. Ma il Col. Giovannini trova anche il tempo di far realizzare una digitalizzazione della mappa dell'Italia, utilizzando le carte al 25.000 e gli scanner allora disponibili, per averla imme­diatamente a disposizione in caso di crisi. Og­gi nell'era di Google maps e dei navigatori sa­tellitari la soluzione può far sorridere, ma allo­ra non c'era altro. Giunto al limite di età previ sto dalla legge per il suo grado, viene richia­mato da Maggior Generale ancora per due an­ni e continua il servizio come responsabile della sala operativa. Poi decide che è arrivato il momento di smettere e il 31 dicembre del 1992 cambia definitivamente uniforme, indos­sando ufficialmente e a tempo pieno quella del nonno.

Fin qui l'aspetto militare, ma, visto lo stretto rapporto familiare di chi scrive, credo vi siano altri aspetti della figura di Eraldo Giovannini che vadano ricordati; in particolare l'amore per la montagna e la capacità di inventare e realizzare giochi.

La montagna lo aveva sempre affascinato: era una malattia che ha contagiato me e anche i ni­poti. Dalle passeggiate nelle Valli di Lanzo, al­le ascese sul Gran Sasso e sul Camicia, per poi andare alla conquista di tutte le cime che con­tornano Bardonecchia (Jafferau, Punta Nera, Quattro Sorelle, Guglia Rossa, Tabor, Punta Charra) ed infine, quando le nostre strade si sono separate, le estati passate al Rifugio Gar­deccia sulle Dolomiti con l'amico Franco Vitel­laro.  Quando  poi  il cardiologo  gli vietò  la montagna,  pretese  dai nipoti  ogni  anno  il DVD con le nostre fatiche a Bardonecchia, co­ronate dall'immancabile foto dei tre nipoti ap­poggiati sulla sbarra del rifugio Scarfiotti. Im­magini e filmati che guardava con nostalgia mentre scorrevano sullo schermo del compu­ter, dove immancabilmente venivano salvati. L'altra cosa che lo affascinava erano i simula­tori di volo. Mamma a suo tempo mise il veto al suo impiego nell'ALE, ma la voglia di pilo­tare gli era rimasta. Quando non esistevano ancora  i computer  progettò  un  simulatore meccanico di cui aveva disegnato tutti gli ele­menti, dalla  meccanica  al plastico  su cui avrebbe dovuto volare un piccolo  modello: progetto che non ha potuto praticamente rea­lizzare  solo perché  gli mancava  un motore adatto e gli strumenti di precisione per realiz­zare leve ed ingranaggi necessari. Nell'era del computer  ogni volta  che usciva  un  nuovo Flight Simulator, era lì,pronto a provarlo.

Il terzo aspetto del Giovannini privato che voglio ricordare è quello dell'inventore e realizzatore di giochi da tavolo. Era bravo con il traforo con il quale riusciva pazientemente a rea­lizzare tutto quello che serviva, tra cui una carta d'Italia divisa per province, quasi tutta tagliata tenendo il seghetto tra le dita perché l'archetto non permetteva di segare corretta­mente i bordi interni. Sempre con il legno rea­lizzò due simulatori di gare automobilistiche, uno con modelli sterzanti annessi ed almeno due set di unità per i giochi di guerra, realizza­ti ritagliando le sagome dei carri, dei semo­venti, dei camion da affiancare ai soldatini. Non oso immaginare cosa avrebbe realizzato se avesse avuto a disposizione una moderna stampante 3D.

Di wargame ne ha inventati almeno 5 originali (2 navali e 3 terrestri), che avrebbero potuto tutti essere brevettati in quanto non ho visto realizzato, ancora oggi, nulla del genere. Per quei wargame ha inventato regolamenti e rea­lizzato mappe e uni­tà combattenti. Ov­viamente chi scrive faceva parte della squadra di test e ve­niva arruolato quale avversario. Solo mol­ti anni dopo abbiamo scoperto che esiste­vano case specializ­zate che vendevano wargame belli e pronti per essere giocati e, quindi, ne abbiamo acquistati diversi, ma difficilmente belli come quelli che ci eravamo inventati noi. Negli anni, comun­que, era diventata ormai una tradizione che durante le vacanze di Natale si organizzasse una partita lunga, a volte due o tre giorni, ap­profittando delle ferie.

Quest'anno, il giorno di Pasquetta ho caricato in macchina tutte le mie miniature e le ultime mappe che avevo recentemente acquistato e le ho portate a casa sua. È stata l'ultima volta che, per un intero pomeriggio abbiamo con­frontato mappe, regolamenti, miniature e sce­nari di gioco. Venti giorni dopo Eraldo ha ter­minato la sua ultima partita, quella che non poteva vincere, contro il male che lo insidiava, e se ne è andato in pace.

Spero che abbia incontrato lassù qualcuno con cui continuare a giocare.

Paolo Giovannini

 

(da TCV n.4/2016 pag.44)