di Pasquale CAMPANELLI
Ad un nostro amico che è andato avanti: il Cavalier Bruno PINI.
Il Cavalier Bruno PINI ci ha lasciato agli inizi del mese di ottobre 2002, dopo aver combattuto con accanimento e tanta fiducia un terribile male. A noi rimane indelebile la sua cortesia, la calma, l'operosità e la serenità di ben vivere, oltre a tanto lavoro di pregevole fattura.
Alla famiglia, alla moglie che lo ha seguito fino all'ultimo respiro ed ai figli, che ha saputo collocare nella società e che testimoniano le sue qualità, vadano il nostro cordoglio e la nostra considerazione.
Incontrai Bruno PINI nella Sede dell'ANUTEI di Via Pinturicchio.
Mi fu presentato quale Aiutante di Battaglia, ma nei fatti ''fac totum" della Segreteria generale dell'Associazione.
Pensai alla fortuna di aver trovato la persona giusta in quell'incarico, ed il suo Capo mi pregò subito di chiamarlo "Cavaliere" e non "Aiutante" perché in un ambiente di Generali e Colonnelli si sarebbe sentito più a suo agio.
Ben presto cominciai ad aver diretto riscontro delle sue capacità e della sua funzionalità.
Paragonandolo ai tanti "Aiutanti" conosciuti nella mia lunga carriera militare, lo trovavo il migliore, senza contare poi che il suo servizio presso l'Associazione, al pari del mio, non dava luogo a compensi.
E quest 'ultima considerazione che sembrava inattinente al giudizio, fu motivo di una successiva intima valutazione, che forniva in modo più diretto un paragone fra la sua posizione e la mia.
Piu volte, nei riguardi di me stesso, ho ritenuto logico non pretendere compenso, né rimborso spese per la mia attività di Direttore della Rivista, già gratificante di per se, in quanto completamente diversa da quella professionalmente espletata, in attività di servizio presso l'A.D..
Ma lui, che nel grado di Aiutante faceva il segretario di un Qualcuno di turno, venendo all'ANUTEI, ha continuato a farlo.
Quindi, non trovando motivo di interesse nel compenso, perché lo faceva?
La risposta è una sola: affetto per l'ambiente, stima per la dirigenza, ma soprattutto alto onore che lui, chiamato anche al ruolo di "alfiere ", recuperava dal portare la Bandiera alle cerimonie ufficiali.
Indubbiamente le sue motivazioni erano molto più nobili delle mie.
Giusto quindi coprire la modestia del suo grado militare con la carica onorifica, premio istituzionale di valenza morale.
Caro Cavaliere, desidero renderle atto ora della mia profonda gratitudine, per l'aiuto generoso fornito a me ed a tutti quelli che ha incontrato prima di me, nonché della mia ammirazione per essere stato l'Alfiere più orgoglioso e rappresentativo dell'Associazione.
(da TCV n.3-4/2002 pag.77)